giovedì 4 gennaio 2018

" Che cosa cercate?" (Gv 1,38)



" Che cosa cercate?" (Gv 1,38)

Oggi il vangelo è incentrato sulla domanda che tu ci fai mentre siamo in cammino per diventare tuoi discepoli.
Capita spesso che ci mettiamo a seguire qualcuno senza sapere in effetti cosa cerchiamo, cosa ci aspettiamo da lui.
Molte volte ci facciamo un'idea troppo grande delle persone e le omaggiamo senza motivo, altre volte le disprezziamo e magari facciamo buon viso a cattivo gioco, perchè ci conviene o perchè non abbiamo alternative percorribili o più appetibili.
Siamo un branco di pecoroni e sempre più spesso cambiamo direzione e leader al primo soffio di vento contrario.
E' incredibile ma rassicurante quello che attraverso le tue parole Signore ci fai capire. Tu vuoi che noi veniamo a te senza costrizioni e ci fai la domanda fondamentale che è quella di prendere coscienza del motivo per cui siamo cristiani.
Non è cosa da poco.
Da piccola ero cristiana perchè mia madre e mio padre mi hanno battezzato, mi hanno insegnato a pregare, mi hanno fatto frequentare una scuola cattolica e non mi hanno fatto conoscere altro che questa dottrina che per me è diventata un peso, un obbligo, un tormento di doveri e di devozioni di cui avrei volentieri fatto a meno.
La cosa strana è che mi sono chiesta sempre il perchè di tutto ciò che mi riguardava, ma per la religione non ho mai messo in dubbio quello che mi veniva inculcato.
Poi ho trovato l'amore, una persona in carne ed ossa che almeno all'inizio mi ha dato tutto quello che tu mi avevi negato e così ti ho messo da parte, ho smesso di seguirti non senza grossi complessi di colpa.
Quando le illusioni sono crollate, quando non avevo più niente e nessuno a cui aggrapparmi, nessuno da seguire, nessuno che mi indicasse la strada ho desiderato incontrarti per fare un discoso alla pari con te.
Ho pensato tante volte a te, ma ti pensavo lontano, eri un estraneo da cui dovevo stare alla larga perchè mi avresti oppresso con i tuoi doveri.
Poi con il tempo il mio desiderio tu l'hai chiarificato, dopo anni di deserto e di percorsi massacranti e deludenti, falimenti e prove dalle quali uscivo sempre più disorientata e confusa, angosciata e senza luce.
Ho cominciato a sentire il desiderio di instaurare con te un raporto nuovo, adulto per poter avere un interlocutore nella immensa solitudine in cui mi avevano fatto piombare i miei fallimenti.
Ho cominciato cercando un bottone, il bottone della mia radio, un bottone nascosto che mi ero andata convincendo esisteva per sintonizzarmi sulle tue frequenze.
Spesso mi dicevo che la mia radio era rotta e che non avrei mai trovato quel bottone.
Mi convinsi che solo in una chiesa avrei trovato una collocazione, un ruolo, un'occasione per mettere a frutto la scienza e la conoscenza che avevo acquisito in tanti anni di insegnamento al liceo, uniti alla mia esperienza di vita che era confluita in tanti progetti per la prevenzione del disagio giovanile.
Tante cose avevo imparato tante ne avevo sperimentato, tante avevano portato frutto, specie quelle che erano nate dal dolore e dalla sofferenza protratta nel tempo.
Non ti conoscevo Signore, ma la sofferenza mi aveva aperto il cuore e gli occhi a quella di tanti giovani, di tanti genitori che desideravano solo essere ascoltati.
Avevo aperto un centro d'ascolto nella scuola e ne ero fiera per i risultati conseguiti.
Tu allora eri una nebulosa, eri un essere indistinto a cui non sapevo nè potevo dare i connotati, mentre i connotati della sofferenza ce li avevo ben chiari.
Così quando mi misero in pensione perchè incapace di deambulare desiderai non far morire quello che ero andata maturando
Quale luogo migliore poteva accogliere ciò che volevo mettere a servizio?
A suo tempo scegliemmo la chiesa per mettere nostro figlio al sicuro dai mali del mondo e nella chiesa ho cercato una sedia per poter continuare il mio lavoro.
Ne avevamo testate già tante, io con Gianni, che mi accompagnava in questa ricerca di un posto che potesse accogliere non solo il mio desiderio, ma anche il mio corpo che aveva delle necessità ben precise dopo tutti gli interventi alla colonna andati male.
Quando entrai nella chiesa che poi divenne ed era la mia parrocchia cercavo una sedia.
Anche se tu non me l'hai chieso penso che in qualche modo ci hai messo del tuo per suscitare in me questo desiderio.
Dovere di sedersi.
Forse io anche se la malattia mi costringeva a stare seduta non avevo preso coscienza di quanto fosse importante sedersi per ascoltare.
Così a te che mi chiedevi cosa cercavo ho risposto nella maniera più giusta.

"Fateli sedere" hai detto ai discepoli prima della moltiplicazione dei pani.

Nessun commento: