martedì 13 dicembre 2016

Paura



"Il Signore è vicino a chi lo cerca" (Salmo 33)

Da due giorni sembra che la mia testa sia diventata un minestrone, dove tutti gli ingregienti si sono talmente scotti che non si distingue cosa c'è dentro.
Questa notte, anzi questa mattina sono riuscita a portare a termine il rosario e questo la dice lunga su quanto io stia male, cioè quanto senta il bisogno di Lui, della Madonna, dei miei cari che mi accompagnano e si uniscono a me quando recito le avemarie (che brutta parola, per dire una cosa così profonda, vera, che non rende lo spirito con cui cerco di invocare l'aiuto, la vicinanza della Madre!).
Ma questa mattina ho grossi problemi con la testa che non ricorda niente, che non riesce ad organizzare nulla di sensato di buono.
Il mio pensiero va ai tempi che mi si sono accorciati, alla morte che sento mi si avvicina con il suo mefidico odore, con questa paura, panico che non vorrei avere per qualcosa che nei tempi passati ho invocato come unica possibilità di ricongiungermi a Dio, ai miei cari e smettere di soffrire e vivere finalmente in pace.
Ora, più il tempo passa, più aumenta la paura che accada, e sto male, specie quando mi sfuggono i nomi delle persone incontrate sul mio cammino.
Il panico è una schifosissima bestia e per 11 anni ci ho combattuto una guerra violenta che mi sembrava finita bene, perchè mi era passata la paura di rimanere sola.
Ora che ciò che più desideravo, la fede, e che cerco di mantenerla viva, mi assalgono paure incomprensibili, in contrasto con ciò che professo e di cui sono fortemente convinta.
Mi chiedo perchè ciò accade.
La parola di Dio non mi fa sussultare come un tempo, mi sembra non rivolta a me, da essa non traggo forza, speranza, coraggio, voglia di non morire.
Eppure so che non moriremo, so che ci trasformeremo, ma, come quando le anestesie totali mi terrorizavano per il sonno imposto, in cui non potevo controllare ciò che mi accadeva e decidere in merito, così mi sta succedendo con l'idea della morte che sento avvicinarsi.
I miei discorsi vertono ora su dove e come passerò gli ultimi giorni, con chi, e mi spavento.
La morte recente di una cara zia ha reciso un altro ramo del mio albero, e adesso mi sento veramente senza braccia tese in alto per pregare il mio Signore, senza occhi per vedere la stella, senza orecchie per udire la sua voce, senza gambe per salire su un alto monte e gridare che la salvezza è vicina.
Tra poco è Natale.
La chiesa ci ricorda che è nato Gesù, che si è incarnato, che si è fatto storia come dice don Ermete.
Da quando sono venuta al mondo il Natale è stata la festa più bella della nostra famiglia.
Si riscopriva la gioia di stare insieme, di ripescare antiche tadizioni che ci facevano sentire la comune appartenenza.
Il cibo, il gioco, la festa, le visite, i saluti, gli auguri, gli inviti, tutto concorreva a farci sentire il profumo del nuovo che si sprigionava dal vecchio.
Ora il Natale è tornato ad essere una festa pagana e si fa fatica a cercare Gesù tra tante luminarie, incarti dorati, regali e saluti obbligati.
Mi piacrebbe far felice qualcuno, questo è il mio Natale, ma non so come fare Signore.
Il Natale vorrei passarlo non a piangere su ciò che non c'è più, che non ricordo, che ho perso, che se n'è andato, ma a suscitare in qualcuno la gioia e la gratitudine per te che ci hai fatto incontrare.
Mi piacerebbe che in questi giorni ci sentissimo più uniti, più complici, come quando mettevamo con l'aiuto di mamma le letterine sotto il tovagliolo di papà, come quando imparavamo le poesie da dire quel giorno, poesie che parlavano di te Signore, letterine in cui ci impegnavamo ad essere più buoni.
Ora la chiesa ci ricorda ancora una volta, e non basta mai, che ti sei incarnato, che ti sei fatto uno come noi per non farci sentire soli, per toglierci la paura, per donarci la speranza che non finisce qui.
Voglio meditare su tutto ciò che mi manca per chiedere a te ciò di cui ho bisogno per non morire durante le doglie del parto.
44 anni fa ero in ospedale, convinta che nella pancia non avevo un bambino ma solo aria, che Franco, il figlio che portavo in grembo, non sarebbe mai nato.
Eppure il 17 dicembre nacque annunciandosi non con fortissimi dolori, quelli vennero dopo, ma con una leggera perdita di liquido amniotico.
Poi il putiferio.
Forse è accaduto così anche per te Signore.
Sei nato in una grotta, ma che putiferio hai portato, quale sconvolgimento

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