giovedì 20 ottobre 2016

Il fuoco

fuoco
“Sono venuto a gettare il fuoco sulla terra” (Lc 12,49)
Quale fuoco Signore sei venuto a portarci?
Di primo acchito le tue parole incutono paura, generano sgomento.
Come spesso mi accade, da esse non mi sento consolata, aiutata a cominciare la giornata con la gioia nel cuore.
Dopo la solita notte travagliata, mi piacerebbe al mio risveglio trovare un banchetto di grasse vivande in un luogo di vacanza e di riposo dove stemperare tutte le tensioni della opprimente e dolorosa quotidianità.
Ieri sera, quando Gianni mi ha portato l’Eucaristia racchiusa nella piccola teca di metallo dorato, stavo in camera sul letto disfatto, i cuscini e le coperte in disordine, il comodino e tutti i piani ingombri di medicine, di libri, di diari mischiati alla tua parola che dà vita e senso al disordine.
Sei arrivato all’improvviso. Non ho pensato di prepararti un luogo degno per accoglierti, una tavola con belle tovaglie e fiori odorosi, un lume, una candela per illuminare la stanza.
L’altare del giorno prima era stata la mia mano, il mio cuore su cui ti ho posato senza avere l’ardire di guardarti, sollevando il coperchio della sacra custodia.
Ero in sala però, ambiente di rappresentanza in genere ordinato e pulito.
In camera, quando Gianni mi ha detto di metterti in un posto per contemplarti, adorarti, pregarti, mi sono sentita smarrita perché il luogo non era degno di accoglienti come tu meriti.
Poi ho pensato alla stalla in cui tu sei nato, alla mangiatoia dove non ti sei schifato di essere deposto e mi sono messa l’anima in pace.
A te non potevo nascondere la mia inadeguatezza, non potevo mostrare ciò che in quel momento non avevo, non ero.
Ho guardato il letto sconvolto e il cuore mi si è aperto all’improvviso quando ho pensato che da anni è la mia croce.
L’idea che l’altare che non io ma tu avevi permesso che ti ospitasse era il letto, la mia croce, il pezzo di legno che tu mi avevi invitato a portare con te, in te, per te, mi ha riempito di gioia perché con me vuoi condividere tutto e mi vuoi tua sposa per sempre.
Come al solito mi stupisci e mi ritrovo a salire dove neanche le aquile arrivano per mostrarmi i tesori del regno o scendere nei profondi abissi degli inferi a liberare i prigionieri.
Anche se non esco più di casa non posso dire che la mia vita si sia fermata ad una stazione, che sono immobile a letto costretta da busti, gessi e tutori e protesi di ogni tipo.
Mi piaceva tanto camminare, piaceva tanto a me e Gianni passeggiare per ore a Bologna parlando della nostra vita, dei nostri sogni da cui tu eri escluso.
Mi ammalai appena sposata e il gusto di spostarci a piedi ce lo siamo dovuti togliere.
Oggi sono le ruote che ci portano, ruote di gomma sottoposte all’usura del tempo e ruote dello spirito, le migliori, a garanzia illimitata, l’energia che solo tu sai dare ai nostri piedi che sono diventati come quelli delle cerve.
Sembra un paradosso, ma è così.
Tutto con te è un paradosso, tutto impensabile, tutto estremamente consolante se perseveriamo nell’ascoltare quello che ci dici ogni giorno e non abbiamo fretta di arrivare a comprendere tutto e subito.
Il vangelo di oggi parla del fuoco che sei venuto a portare sulla terra e di questo fuoco tu mi hai fatto fare esperienza viva, un fuoco che mi divora per te, un fuoco che unisce e divide, separa e salda i fili spezzati, un fuoco che non consuma ma purifica e fa risplendere i tuoi gioielli.
Tanti amici ho lasciato per strada, ovvero mi hanno lasciata, ma tanti ne ho trovati nella nuova famiglia con cui condivido la gioia di mangiare un unico pane e ascoltare un’unica voce.
Grazie Signore perché non mi fai mancare nulla di ciò che serve, grazie dei tuoi angeli che mi mandi a domicilio.

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