domenica 24 marzo 2019

"Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito il suo grido"(Es 3,7)

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«Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito il suo grido a causa dei suoi sovrintendenti: conosco le sue sofferenze. Sono sceso per liberarlo dal potere dell’Egitto e per farlo salire da questa terra verso una terra bella e spaziosa, verso una terra dove scorrono latte e miele». (Es 3,7)
Certo che in questo momento non sento impellente aderire al messaggio consegnatoci da Dio.
Sono incredibilmente nervosa e insoddisfatta, angosciata, triste e rancorosa.
Non so cosa fare nè ho desideri che vorrei realizzare, desideri di evasione, di incontri, di condivisioni.
Non ho desideri se non quello di riconciliarmi con me stessa che significherebbe riconciliarmi con Dio.
So che Lui non è arrabbiato con me, so che mi ama e aspetta con pazienza che mi passi, so che nulla è cambiato delle cose che mi stanno attorno, della realtà in cui vivo.
La percezione di una costruzione continua faticosa, a volte esaltante, a volte deludente.
…salire sulle ali dei gabbiani e sorvolare le acque del mare, su cui si posa tiepido il sole del mattino… salire su vette inaccessibili dove abitano le aquile e ritrovarsi in alto, tanto in alto da non distinguere uomini e cose, senza accorgertene, e immergerti nel creato che ti comprende ti avvolge e ti supera…sprofondare in abissi senza misura, profondissimi e oscuri, senza appigli, o rimanere incagliata in sabbie mobili, costretta all’ immobilità per evitare che la melma ti risucchi…vedere le persone piangere e ridere, vestire a lutto o indossare I colori della gioia…. la spensieratezza dei giovani e ascoltare il suono delle loro risate e dei loro chiacchiericci…le rughe di tanti vecchi che procedono sempre più curvi sotto il peso dei loro esili corpi ingobbiti e assistere a battesimi e funerali, nozze e anniversari, compleanni, gite e lavoro, quando c’è, e non lavoro e povertà e accattoni agli angoli delle strade, sui marciapiedi, all'uscita delle chiese…..immagini di vita e di morte…turbamenti profondi di una mente che di notte s’interroga sul perché di una vita così dura, difficile, dove i desideri non s’incontrano, dove le delusioni sono il pane di lacrime di ogni giorno, dove gli anni ti danno solo più spazio per riempire il tuo cuore di tanta amarezza, rimpianti, domande senza risposta….
Questa mattina non so perché non riesco a rimettere i pezzi in ordine, perché mi sento disgregata, scomposta, disorientata.
Mi chiedo perché fino a qualche giorno fa i miei pensieri erano totalmente diversi, positivi, vitali e oggi mi sento morire dall'angoscia che mi preme sul cuore.
Ho perso il mio Amico fedele, il mio Sposo e non mi darò pace finché non lo ritrovo, anche a costo di logorarmi tutta la pelle dei piedi e delle mani, anche a costo di morire per ritrovarlo.
E poi mi sono persa la Madre che Dio mi ha dato per guidarmi nelle notti senza stelle.
Io so che si sta bene con loro e oggi non ho voglia di meditare, di pregare, di fare nulla delle cose che da 16 anni caratterizzano i miei risvegli anticipati.
Sento che tutto è inutile, ma la nostalgia non posso cancellarla, perché è vivo il ricordo delle carezze, dell’intimità profonda instaurata con Lui e con i Suoi santi.
Questa mattina, leggendo il Vangelo, a tutto questo ho pensato, all'insensatezza di quello che accade, all'incapacità di dominare gli eventi, alla fede che crolla quando pensi sia saldamente ancorata a Lui, alle tue esperienze di incontri scintillanti.
La macchina di Paolo è giù nel giardino, nuova fiammante, in attesa di un compratore, sotto le intemperie che non la risparmiano come non risparmiano le nostre molto più vecchie.
La guardo e penso a Paolo che due mesi fa l’aveva comprata con tanto entusiasmo, perché voleva fare le vacanze in montagna sicuro.
Lì ha cominciato a star male e la macchina non gli è servita per non morire o morire più comodo.
Perché quando si muore si sta scomodi immagino e la macchina è l’ultima cosa a cui pensi.
Ebbene quella macchina mi fa pensare alla mia patente che in questo ultimo arco di tempo ha contribuito a dissociare i pezzi del mio cervello.
La patente si dà a chi è capace di guidare uno strumento di locomozione .
Quando la conseguii toccai il cielo con un dito perchè avevo raggiunto la sospirata autonomia.
Gianni, il mio futuro marito, fu l’istruttore migliore che potessi trovare: mi insegnò ad andare piano, a fare i parcheggi, le retromarce e la doppietta per i sorpassi.
Non penso ci sia un istruttore più bravo di lui.
Per me lo è stato a tal punto che della mia gloriosa cinquecento rossa ero perfettamente padrona e pensavo che sarebbe durata in eterno e io in eterno l’avrei guidata con la stessa passione, maestria e ne avrei goduto i confort.
Ma la vita si è ripreso quello che mi aveva elargito a piene mani: la pazienza di Gianni, la sicurezza nell'andare da sola, l’orgoglio di essere io a guidare la mia vita.
Quando la sostituii con una Panda, sul lunotto di dietro attaccai un adesivo con su scritto: “Non seguitemi, mi sono persa anch'io” .Era vero, terribilmente vero.
Anche quando, dopo 11 anni di crisi di panico, ripresi la guida, ero persa, non sapevo dove trovare la strada giusta per non smarrirmi più.
Penso oggi a quanto mi costi rinunciare alla patente che scade tra poco a tutti i ricalcoli, percorsi e ripercorsi per evitare il pericolo dello STOP definitivo.
Penso che niente può durare all'infinito e, se tempo fa mi svegliai con una domanda che mi mise in pace, combattuta dalla paura di avere un cuore malato :”Che credevi, Antonietta, che eri immortale?”, oggi voglio continuare a guardare la vita con il cuore aperto alla speranza, ma con l’occhio volto alla macchina di Paolo che sta dentro un cilindro di ferro in attesa della resurrezione, ma la macchina non la può usare.
Così il Vangelo mi ha riportato alla concretezza della vita dove succedono cose comprensibili e incomprensibili, cose belle e brutte, ma il contadino del cielo ho capito che continuerà a zappare attorno al fico sterile, perché vuole che porti frutto.

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