venerdì 12 agosto 2016

Lo Sposo

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“Ti avevo reso uno splendore” (Ez 16,14)
Ci fa bene ricordare chi eravamo e chi siamo, come eravamo conciati quando il Signore si commosse, si fermò e si chinò su di noi.
Il nostro incontro con Cristo ci ha risuscitato, ci ha fatto creature nuove, ci ha tolto la sporcizia di dosso e ci ha resi desiderabili.
Ci siamo inorgogliti a tal punto da pensare di poter fare a meno di lui, che basta lavarsi o essere lavati una volta per sempre per essere sempre belli e desiderabili.
Nel tempo della giovinezza non si fa tanta fatica a vestirsi, truccarsi, mimetizzare le piccole imperfezioni naturali, perché la giovinezza di per s’è ti fa venire in mente i fiori appena sbocciati, il loro profumo, il loro colore.
Non ci preoccupiamo di pensare al dopo perché ci sentiamo immortali, padroni del tempo, padroni e signori della nostra vita.
Ci svendiamo al primo passante, l’idolo di turno, l’idea, il movimento, la moda, i sogni emergenti.
Ci dimentichiamo del nostro Creatore e smettiamo di dire le preghiere piccole e brevi in verità che ci avevano insegnato da bambini.
Oggi Dio rivendica la sua proprietà e ci ricorda chi eravamo e a cosa siamo chiamati. Ci rischiara le idee sul suo progetto iniziale e ci rinnova la sua promessa di fedeltà per tutta la vita.
Quella fedeltà che gli sposi fanno tanto fatica a mantenere, perché il tradimento è sempre in agguato con il figlio, con il lavoro, con gli amici, gli hobbyes, la carriera, il tempo che non basta mai per tutte le cose di cui l’abbiamo riempito, per paura che il vuoto ci risucchi e non ci faccia esistere.
Il tempo della famiglia è pieno di cose da fare più che di persone da amare, anche se siamo in buona fede all’inizio e ci illudiamo che quelle cose portano benessere non solo a noi ma anche ai membri della nostra famiglia, alla persona che abbiamo scelto per condividere con lei gioie e dolori, salute e malattia, finché morte non ci separi.
Le parole di Gesù sembrano dure ” L’uomo non separi ciò che Dio ha unito” tanto da far esclamare agli apostoli che allora non conviene sposarsi.
Questa mattina mi chiedo se mi è convenuto sposarmi dopo 45 anni che vivo con Gianni non sempre in armonia.
Sono la donna più beata del mondo per le persone che ci incontrano, mentre lui mi spinge la sedia a rotelle o mi porta la borsa o fa la fila per pagare al supermercato.
Non nascondo che spesso mi è venuta la rabbia perché magari in quel momento sentivo il bisogno di uno sguardo misericordioso sulla mia situazione di sofferenza, di handicap, perchè passo per una che finge perché la mia faccia è sempre sorridente, la pelle distesa e la voce ferma e vitale come gli occhi che cercano sempre l’incrocio con lo sguardo dell’ interlocutore che mi sta davanti.
Ebbene in quei momenti mi tornano in mente tutte le cose che ci dividono, che ci impediscono di vivere la differenza come opportunità di vita sempre nuova.
Mi viene in mente che Dio l’ha fatto proprio difficile questo progetto d’amore dove devi essere sempre pronto a perdonare non 7 ma settanta volte sette.
L’ha fatto difficile anche se all’inizio sembra una passeggiata, un dono trovare una persona da cui ti senti amata , vivere l’esperienza di eternità, di infinito, di uno e distinto, di trascendenza, di comunione.
Il dono pensiamo sia quello dell’innamoramento che dura quello che dura, due, massimo tre anni.
Dopo arriva il tempo delle disillusioni e il dono è allora che lo devi scartare per rendere possibile la meraviglia dell’inizio. La grazia del Sacramento.
E’ allora che comincia la salita perché scopri che la persona che hai sposato non è carne della tua carne ossa delle tue ossa, è persona che devi imparare a conoscere come diversa da te e decidere di dargli vita partorendola di nuovo con l’aiuto di Cristo, della sua grazia, del Suo amore.
“Senza di me non potete fare nulla ” dice Gesù e sperimentiamo quanto è vero se lo seguiamo nelle sue catechesi di vita apparentemente dure e incomprensibili.
“Non conviene” ci viene istintivo di pensare perché meglio soli che male accompagnati.
Quante volte l’ho pensato quando mio marito faceva il contrario di quello che per me era giusto, scontato, ineccepibile.
Oggi che sta facendo la fila in ospedale con le mie carte, referti, analisi, raggi, risonanze ecc ecc per fare la visita prenotata al posto mio che sono bloccata a letto, penso a quella beatitudine che mi attribuiscono gli altri e ringrazio il Signore perché pian piano mi sta facendo vedere non le cose che mancano, ma quelle che ho.
E lo Sposo che mi ha messo a fianco è il suo libro di carne su cui io devo fare gli esercizi per imparare ad amare come Lui ci ha amato.
Solo così sarò pronta per celebrare le nozze con Lui, lo Sposo per eccellenza, che dall’eternità aspetta di unirsi a me per fare di me una regina.

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