domenica 21 agosto 2016

LA PORTA STRETTA: IL SERVIZIO

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Meditazioni sulla liturgia di domenica della XXI settimana del T.O. anno C
“Sforzatevi di entrare per la porta stretta”( Lc 13,24)
Forse la porta stretta, non è obbedire ma fare di cuore ciò che Dio vuole.
Il più delle volte agiamo per paura, per ottenere un vantaggio, per ricattare Dio, usando il nostro comportamento o i nostri presunti meriti per ottenere il lasciapassare per il paradiso.
Quando penso a Gesù non posso negare che anche lui e per primo si è dovuto ridimensionare, diventare piccolo, umile, servo dei servi per rientrare nella casa che era sua di diritto.
Perchè quando esci non è sempre così scontato poterci rientrare, perchè le chiavi non te le puoi portare dietro, sono a disposizione però di tutti quelli che si fanno piccoli, tanto piccoli da poterci passare.
” Se non diventerete come bambini non entrerete nel regno dei cieli”
E Gesù, che non aveva niente da scontare, non aveva commesso nessuna colpa, non si era allontanato per suo gusto all’insaputa del genitore, pure gli è toccata la stessa sorte: farsi piccolo, farsi servo, obbediente fino alla morte e alla morte di croce.
Le parole della lettera di San Paolo in cui si parla dell’obbedienza dei figli verso i genitori in un epoca in cui i genitori sono fuori di testa e arrivano anche ad ammazzare o non riconoscere i figli usciti dalle proprie viscere, in un’epoca in cui i figli hanno altro da fare, da pensare e non vedono l’ora di sottrarsi all’autorità, alla dipendenza dei genitori, dopo avergli spillato l’ultima lira, figli che se possono permetterserlo i genitori, s’intende, gli mettono una badante o li richiudono in un ospizio, quando non li uccidono prima anche solo non facendoli esistere.
La porta stretta dicevo che non è stata risparmiata neanche a Gesù che aveva onorato il padre e la madre, aveva fatto la volontà di Dio con tutto il cuore, e per giunta era uscito da casa sua per salvare il mondo, non per trarne un beneficio personale ed egoistico.
Quando penso a quanto si è dovuto rimpiccipolire mi smarrisco, addirittura non riesco neanche a concepirlo, perchè l’infinito non può diventare finito, vale a dire che l’infinitamente grande non può diventare tanto piccolo da non poter passare per una porta stretta, quella di casa sua, se non morendo.
Eppure questo è accaduto, questa è la nostra fede.
Senza quel servizio, quel sacrificio quella porta sarebbe irrimediabilmente chiusa per tutti.
Meditando quindi su quello che la liturgia oggi ci propone, voglio pensare a quanto amore metto nel dire sì agli uomini e a Dio, quante volte il mio sì è condizionato da ciò che non ha niente a che fare con Lui, ma molto a che fare con il mio vantaggio personale.
Servo? A chi servo?Chi servo? Perchè servo?
Questa è la domanda che mi devo porre, prima di cominciare la giornata.
Il servizio mi fa vivere, perchè ciò che non serve si mette in cantina o si getta in discarica.
Ciò che non serve non ha funzione. E le cose che non funzionano o si fanno riparare o si gettano lo sappiamo.
Ma la domanda connessa è chi serviamo, se noi stessi, l’orgoglio, il denaro, il prestigio, la bellezza, il piacere ecc ecc, vale a dire il mondo, o serviamo Dio.
Ma come facciamo a sapere se ciò che facciamo serve a noi o a Dio?
Io penso che a Dio interessa che noi viviamo e lui sa di cosa abbiamo bisogno, cosa serve e cosa ci serve perchè viviamo in eterno.
Allora non allontaniamoci dalla luce e facciamoci illuminare dalla sua Parola. “Lampada ai miei passi è la tua parola” è scritto.
Ma perchè ridiventare bambini?
Perchè i bambini si fidano delle persone che si prendono cura di loro.
Ieri sono stata colpita da un racconto trovato nel web.
” Quando vediamo un’acrobata volteggiare nell’aria la nostra ammirazione e i nostri occhi sono tutti su di lui, mentre chi lavora e non si può permettere di non distrarsi è l’altro che deve essere sempre pronto a prenderlo, impedendo che cada.”
Ora che ci penso la porta stretta è quel foro da cui uscì sangue e acqua, la porta è Lui, “io sono la porta delle pecore” ma devi diventare piccolo, tanto piccolo per rientrare nell’utero di chi ti ha pensato e amato per primo.
Bisogna rinascere dall’alto come disse Gesù a Nicodemo.
Rinascere è rientrare nel grembo di chi continua a nutrirti non solo il tempo della gestazione, ma per tutta l’eternità.
Siamo preziosi ai suoi occhi.
“Può una madre dimenticare suo figlio? quand’anche si dimenticasse, io non ti dimenticherei mai!”dice il Signore.

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